LA FONDAZIONE DI CATTOLICA

Nel periodo di tempo che va dalla rivoluzione del vespro (1282) agli inizi del XV secolo, la storia della Sicilia è caratterizzata dalla lunga guerra con il regno di Napoli, che non voleva riconoscere l’indipendenza del regno di Sicilia. I contrasti ebbero fine, quando la Sicilia, in seguito a successioni varie, divenne dipendenza del regno di Spagna.
Durante il secolo XVI i regni di Spagna e di Sicilia, attraversarono un periodo di crisi economica, dovuta a calamità naturali come le carestie ricorrenti, all’aumento della popolazione, alle accresciute esigenze della Corona in materia di tasse e all’insufficiente produzione di grano per sfamare la popolazione. In Sicilia si verificò un aumento talmente sproporzionato da raddoppiare la popolazione. Negli anni 1600 – 1608 contava circa un milione d’abitanti. Fu necessario aumentare la produzione di grano, mettendo a coltura le terre demaniali e feudali incolte. S’intendeva rendere autosufficiente la Sicilia e farle riacquistare il ruolo di granaio del regno, così come l’aveva avuto nel periodo della dominazione romana.
Nei primi anni del secolo XVII, regnante Filippo III, la monarchia spagnola promosse in Sicilia un’intensa azione d’urbanizzazione delle campagne, al fine di renderle più sicure e più produttive. Per invogliare i feudatari a collaborare furono stabiliti nei Capitoli del Regno delle ricompense per coloro i quali, provvisti delle necessarie risorse economiche, avessero costruito un centro abitato nelle terre demaniali (in seguito anche nelle terre feudali) o ingrandito i villaggi esistenti. Ai fondatori e agli eredi era riconosciuto il mero e misto impero sui loro domini, un seggio in Parlamento per ogni nuova università creata e un titolo nobiliare, che si accresceva in misura proporzionale alla grandezza e all’importanza dell’abitato realizzato. L’aumento della popolazione delle universitas consentiva di rendere coltivabili e produttive le terre che da secoli erano rimaste incolte. Dal conseguente aumento della produzione cerealicola e dalla concessione dei titoli nobiliari lo Stato ricavava più utili con le varie tassazioni, i feudatari più potere e ricchezza e il popolo la possibilità di trovare lavoro e protezione. L’aristocrazia urbana, residente principalmente a Palermo, tra cui la famiglia Isfar o De Isfar, sfruttò l’occasione offerta dalla Corona e si rese protagonista del movimento di urbanizzazione dei loro feudi.[1] Il barone di Siculiana Blasco Isfar, per ingrandire i suoi domini, già nel 1587 aveva comprato la baronia di Baida per 28.800 onze da Vincenzo Bosco di Misilmeri. Negli anni seguenti continuò a ingrandire e valorizzare i suoi possedimenti con la costruzione di casali e villaggi.
Le terre, bagnate dall'ultimo tratto del fiume Platani, costituenti il feudo di Monforte ossia di Platani, insanguinate dalle lotte contro i saraceni e dalle precedenti guerre tra Aragonesi e Angioini, durante il secolo XVI erano insicure e con popolazione sparsa nei piccoli villaggi collinari o che si era trasferita nei comuni vicini.  Per tale motivo, una gran parte delle terre del feudo Monfortis seu Platani del barone Blasco Isfar et Corilles era rimasta incolta.
Scomparsa la città di Platano, abbandonati i casali di Maniscalco, Platanelli e Capodisi, a protezione del feudo rimase soltanto la rocca di Monforte. Contadini, pastori e pescatori (in quel tempo il fiume era molto ricco di pesce), esposti a ogni sorta di pericolo, cercarono protezione presso i signori dei paesi vicini: Raffadali, Girgenti, Sant’Angelo Muxaro, Montallegro. Alcuni si adattarono a vivere in piccole comunità, utilizzando rustiche capanne, casalini e talvolta grotte strutturate alla bisogna.
Sul finire del secolo XVI, tra 1580 e il 1590, Blasco Isfar iniziò la costruzione di un centro abitato che chiamò Ingastone, come la contrada su cui insisteva. Si trattava di un villaggio agricolo-pastorale, necessario a raccogliere i coloni sparsi nel territorio vicino e utilizzarli per aumentare la coltivazione delle terre e la produzione di grano. Ingastone fu costruito ai piedi della rocca di Monforte, in una zona collinare incolta, ricca di acque per uso civico e di cave di gesso. Tutto il feudo Platani seu Montifortis in questo secolo era ritornato a essere possedimento della famiglia Isfar e quindi a far parte della baronia di Siculiana.
Il predetto feudo era stato concesso in enfiteusi dall'arcivescovo di Palermo Ubertino De Marinis al barone di Siculiana Gilberto De Isfar, come risulta dall'atto del notaio Urbano De Sinibaldo del dicembre 1433, citato in precedenza. Nel 1561, dopo varie successioni, il feudo fu ereditato da Blasco Isfar et Corilles, essendo il fratello Giovanni morto senza lasciare eredi. Blasco Isfar et Corilles, secondogenito di Francesco, era un importante esponente dell’aristocrazia isolana, abitava con tutta la famiglia a Palermo e il 9 febbraio 1570 (era nato nel 1550) aveva ottenuto l’investitura della baronia di Siculiana e del tenimento Monfortis seu Platani, dietro pagamento dell’annuo censo di 100 onze all’Arcivescovado di Palermo.
Dopo aver ricevuto l’eredità, il giovane capitano d'armi, consigliere del re, per rispettare i patti della concessione enfiteutica, per dar lustro alla propria casata, per ingraziarsi le attenzioni del re e per sfruttare al meglio le risorse della fertile valle del Platani, iniziò la costruzione di una rocca con attorno delle case, dove agricoltori e pastori potevano, all’occorrenza, trovare riparo e protezione. Quel piccolo villaggio prese il nome di Ingastone (dal feudo dove sorgeva). L’iniziativa ebbe buon esito, i feudi della famiglia De Isfar cominciarono a ripopolarsi, venne tanta gente dai paesi vicini e nacque in Blasco[2] l'idea di costruire una vera e propria università.
Nell'ultimo decennio del secolo XVI il barone diede maggiore impulso e consistenza alla costruzione del novello paese, agevolando tutti quelli che volevano stabilirsi in Ingastone. Stabilì un censo molto favorevole, sia per le case sia per le terre, probabilmente di misura inferiore a quello stabilito dai signori dei paesi vicini, in ogni caso con delle agevolazioni importanti per quanto riguardava l'uso delle cave, delle acque e delle terre comuni, tanto da attirare molta gente. Nel 1603 Ingastone contava circa 500 anime, fu aperta al culto la chiesa di Sant’Antonio Abate e furono iniziati i lavori per costruire altre chiese, tra cui quella che sarebbe stata la matrice: la chiesa dello Spirito Santo (Chiesa del Rosario 1608). Il barone fu sicuro di potere realizzare quanto si era proposto, spedì la richiesta d’autorizzazione a poter popolare il feudo di Monforte e creare una novella università. Blasco, che ricopriva tra l’altro la carica di Vicario Generale del Val di Mazara, fu uno dei promotori del progetto d’urbanizzazione dei feudi, che vide in Sicilia la nascita di cento nuovi comuni.
Il caso di Cattolica non è un fatto isolato, tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII sorsero in Sicilia oltre 100 comuni che modificarono la struttura urbanistica dell’isola.[3] 
Per la costruenda università fu scelto il nome di Cattolica al fine di rendere omaggio alla corte reale e all’arcivescovado di Palermo, manifestando l’intenzione di diffondere il cattolicesimo in quelle terre ancora infestate da costumi e usanze saraceni ed ebraici. Blasco, aiutato dai figli Giovanna e Francesco, incoraggiato dalla corte palermitana, continuò a ingrandire il paese, inizian­do a costruire le prime chiese e nell’anno 1610 arrivò la sospirata licentia populandi, vale a dire l'autorizzazione a poter fondare l'università, chiamata la Cattolica. L'illustre storico Raimondo Falci ha affermato che:
Don Blasco Isfar et Corilles traduceva in atto il suo disegno e su la collina d'Ingastone, dolcemente declive verso scirocco, appié di Monforte otteneva dal viceré, Duca di Escalona, di edificare una nuova città: Cattolica, nome imposto dai patrizi in omaggio alla religione, ma ancor più alla maestà cattolica di Filippo Ill".[4] 
Il barone del feudo Monforte o Platani, per rispettare i patti della concessione enfiteutica, per dar lustro alla propria casata, per ingraziarsi le attenzioni del re e dell’arcivescovo di Palermo e per sfruttare al meglio le risorse della fertile bassa valle del Platani, progettò la costruzione dell’università, cambiando il nome del villaggio Ingastone in Cattolica. Probabilmente il 1603 fu l’anno in cui Blasco Isfar chiese la licentia populandi, come si era soliti fare, per ottenere dal re l’autorizzazione a costruire una novella università, che avrebbe dovuto assicurare al giovanissimo figlio Francesco prestigio e un seggio in Parlamento. La licentia populandi, solitamente, era concessa come ricompensa per i servizi prestati alla corona e dietro pagamento di una tassa che variava dalle 100 alle 400 onze.

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